mercoledì 2 gennaio 2013

URNA "Kosmikia" review on Sounds Behind the Corner

URNA
“Kosmikia”
(Anno 2011 – Show Me Your Wounds Production)
Italia
Recuperiamo alla memoria questa piccola, interessante produzione datata 2011 dell’artista Gianluca Martucci, protagonista nel sottobosco italiano della stesura di sonorità ispirate dal death/dark-ambient più sepolcrale; un artista eclettico in ogni caso che dalla sua base compositiva s’inoltra esplorando diverse espressioni della concettualità astratta.
“Kosmikia” è un album che appartiene al catalogo, grande catalogo, del lo-fi produttivo eppure si porge con gustoso senso di artigianato dai pochi mezzi ma dalle grandi idee: le seconde suppliscono il limite iniziale ed il cartonsleeve che vi si apre (99 copie numerate) ha una grande cura del dettaglio, soprattutto nelle simboliche figure interne, ognuna dedicata ad una traccia.
Immagini esoteriche di matrice occulta con lontanissime radici orientali, quasi dei mandala in china, geometrie astrali e geometriche (anche il Cosmo ha un grande disegno, pensate a Dio/geometra, a tutta la ritualità massonica nelle allegorie delle forme), figure intervallate tra loro con fascino.
Urna, un monicker che ha il profumo arcaico della conservazione funeraria, la percezione di una polverosità museale che trattiene in se ancora vita trascendente, nel ricordo, nella conservazione rituale dell’esistenza.
I sepolcri sono dentro il suono stesso: “Janua Inferi” (nel 2012 anche Ouroboros dedicherà un disco alle porte infernali) si estende su suoni rarefatti e cauti, un dominio di spettri dall’energia cimiteriale, una partitura rarefatta e ‘sabbiosa’ che troverà man mano un incedere luttuoso, “Tempio Magico” è completamente sospesa sul confine dei mondi, entrando in quei mondi con cautela, rispetto, quasi devozione.
Una volta varcata la soglia la musica diviene impercettibile, diafana ed eterea: “Caverna” cresce tra luci blu intense, riflessi sonori sfumati di indaco nei quali percepire presenze, senza mai vederle veramente, lasciandosi avvolgere da esse tramite il suono (transfert perfetto) che cala costante verso la quiete eterna, indefinita, senza più il tempo come dittatore della dimensione, ipnotico sui giochi lievi di cordofono di “Deserto”, un ambient che attinge dall’Oriente, dalla Via della Seta la sua ispirazione, entrando nella dimensione cosmica (“Kosmikia” è titolo azzeccatissimo) della meditazione in grazia sonora, con “Acque Dei Morti” la percezione diviene certezza.
Così “Montagna Rituale” ha il valore mantrico della parola, lontana e ripetuta, greve, il suono è leggera brezza dronica, assieme sono espressione dimensionale.
Il finale, “Janua Coeli”, richiama l’apertura; un ciclo si chiude aprendosi, nulla è lineare ed il ciclo della vita, richiamata dalla morte, diviene eternità, l’uomo quantico a questo ciclo può e deve aderire, in alternativa il buio.
Nicola Tenani

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